Affiliation:
1. Department of Molecular Medicine, Unit of Pathology, and
2. Department of Otolaryngology, University of Pavia and Foundation IRCCS Policlinico S. Matteo, Pavia, Italy
Abstract
I carcinomi squamosi dell'orofaringe associati all'infezione da papillomavirus umano (HPV) costituiscono ormai una entità ben caratterizzata, che interessa prevalentemente maschi, giovani adulti o di mezza età, non fumatori. Essi hanno generalmente una prognosi più favorevole rispetto alla controparte non associate ad infezione, e per questo è stato proposto di dedicare a questo gruppo di pazienti un approccio terapeutico meno aggressivo. L'incidenza dei carcinomi dell'orofaringe associati a HPV è in rapido aumento nella maggior parte dei paesi occidentali, ma per quanto riguarda la popolazione italiana non sono disponibili dati epidemiologici in merito. Per quanto riguarda le altre regioni del distretto testa-collo, una più modesta porzione di lesioni displastiche di alto grado e di neoplasie appare essere correlata all'infezione da HPV, mentre il ruolo del virus nei tumori della laringe è stato parzialmente ridimensionato. HPV determina la trasformazione neoplastica delle cellule infettate tramite l'espressione dei suoi due oncogeni, E6 ed E7, che interagiscono con i meccanismi di apoptosi e regolazione del ciclo cellulare della cellula ospite. L'unica metodica in grado di documentare con certezza l'espressione degli oncogeni virali è attualmente l'amplificazione dell'RNA messaggero trascritto dai due oncogeni. Il consenso riguardo la strategia per l'identificazione dei pazienti affetti da carcinoma dell'orofaringe associato a HPV dal punto di vista clinico e diagnostico è tuttora limitato. Le metodiche diagnostiche più utilizzate, singolarmente o in combinazione, comprendono l'immunocolorazione con anticorpi diretti contro p16, l'ibridazione in situ per genotipi virali ad alto rischio e l'amplificazione del DNA virale mediate PCR. La possibilità di ottenere una diagnosi precoce grazie all'identificazione dell'infezione virale nelle cellule epiteliali esfoliate dal cavo orale o dall'orofaringe non ha finora fornito risultati soddisfacenti, tuttavia la persistenza del virus nel cavo orale in pazienti trattati per carcinoma dell'orofaringe ha dimostrato una significativa associazione con il rischio di recidiva del tumore. Non sono ancora disponibili sufficienti dati che documentino in maniera dettagliata la storia naturale dell'infezione a la sua progressione verso lo sviluppo di una neoplasia, e che definiscano con chiarezza le modalità di trasmissione e i fattori di rischio, comunque è chiaro che i comportamenti sessuali hanno un peso rilevante nel determinare il rischio di sviluppo di neoplasia dell'orofaringe HPV-correlata. La progressive diffusione nelle giovani generazioni del vaccino contro HPV, e soprattutto la sua estensione agli adolescenti di entrambi i generi è sicuramente destinata a modificare in maniera rilevante anche l'epidemiologica dei tumori HPV-correlati nel distretto testa-collo nel prossimo futuro.
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