Abstract
L'esperienza psichica dell'estraneità viene messa a confronto con quella dell'alterità, ne vengono esaminate le differenti sorgenti e direttrici intrapsichiche e relazionali. In particolare viene esaminato cosa accade nell'incontro con "lo straniero" nell'esperienza migratoria ? che oscilla tra alterità radicale e doppio deformato ? in cui si rende evidente quella "funzione specchio" della migrazione di cui parlava Abdelmalek Sayad. Migranti e nativi rispecchiano gli uni negli altri le proprie "parti straniere", parti inappropriabili e non soggettivabili. Tali complesse dinamiche vengono poi analizzate, anche attraverso una tranche clinico-esperenziale, alla luce dell'esperienza psichica ed antropologica legata alla pandemia da coro-navirus, la quale comporta un brusco e angoscioso mutamento della percezione del confine tra ciò che è familiare/fidato e ciò che è estraneo/pericoloso con i suoi intensi effetti perturbanti.
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