Abstract
A partire dal III secolo a.C. si delinea in maniera più nitida quella feconda ma, al tempo stesso, ambivalente relazione tra Egitto e Roma. Con la stipula del trattato di amicitia nell’anno 273 a.C., appaiono sempre più evidenti le ripercussioni sul piano politico, culturale, economico e religioso sul suolo italico. Peculiare interesse riveste anche il ruolo della produzione artistica generata dall’incontro-scontro tra il mondo romano e quello egiziano. In particolare, l’interesse di questo contributo è indirizzato verso l’elaborazione del paesaggio ispirato alla terra del Nilo nella produzione pittorica romana di I secolo d.C. La delineazione di questa tipologia iconografica si fonda su alcuni dettagli figurativi specifici, tra cui quelli legati al mondo della flora e della fauna. Un insieme di elementi che, fondendosi armoniosamente insieme, conducono verso la configurazione di un’ambientazione naturale tesa ad un’ideale di fluttuante utopia che, tuttavia, collide con l’insita portata di alterità dell’immaginario nilotico. Un’alterità fortemente vincolata alla presenza dei pigmei, figure contraddistinte nella maggior parte dei casi da tratti caricaturali e grotteschi, inseriti spesso in situazioni comiche, se non paradossali. Obiettivo del presente articolo è quello di mettere in luce la relazione chiaroscurale tra la “natura” costituente il paesaggio nilotico, ovvero la flora e la fauna tipica, riflesso di una cristallizzata utopia naturalistica, e l’elemento umano, in questo caso i pigmei, sinonimo di alterità per antonomasia, concretizzazione non tanto di una realtà esistente quanto più di uno status estraneo ai limiti del tempo e dello spazio umanamente concepiti.
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